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Una prima protesta civile

Per ben comprendere i fatti avvenuti dopo la morte di monsignor Faè, è importante fare un piccolo cenno alla situazione politica del paese negli anni appena precedenti.

Nel 1960 prese forma una sorta di protesta civile nei confronti del comune di Sarmede, a cui Montaner apparteneva e al quale, a causa di sentimenti campanilistici e di difficoltà materiali, richiedeva maggiore autonomia: alle elezioni amministrative nessun montanerese si candidò in una lista e votò (alle urne si sono recate solamente quattro persone, probabilmente emigranti che necessitavano di dimostrare di aver votato per ottenere il biglietto gratuito per tornare al paese di lavoro.

Vista l'inefficacia ditale tattica, nel 1964 venne costituita una lista chiamata “Unione democratica montanerese”, formata da una coalizione di tutti i partiti presenti a Montaner, cioè Dc, Pci, Psi, Psu, Msi.

Essa fu appoggiata dallo stesso monsignor Faè: durante la funzione liturgica della domenica delle elezioni, il suo sermone si incentrò sui bisogni primari della popolazione del paese, sul grano e sul pane. L'allusione alla “Unione democratica montanerese” fu palese dato che il simbolo scelto da questa rappresentava un mazzo di spighe.

Tale lista ottenne la maggioranza dei voti e 16 seggi in comune. I restanti 4 furono assegnati alla Democrazia Cristiana. Per quanto riguarda il sindaco, venne rieletto il precedente democristiano, Antonio Costalonga, probabilmente per la mancanza di un valido candidato all' interno dell' Unione.

L'antagonismo tra Sarmede e Montaner e la rivendicazione di autonomia di quest'ultimo, dimostrata dalle elezioni del 1964, hanno probabilmente radici lontane, forse risalenti al 1810 quando Montaner perdette il suo status di comune libero; trovava comunque, ragione nella lontananza tra i due paesi, uno a valle e uno a monte, e nella densità abitativa montanerese, superiore a quelle della sede comunale.Una conflittualità che si rinnovava nella vita quotidiana: alcuni servizi primari, come il medico di condotta e le sedi amministrative (un ufficio postale a Montaner fu aperto solo nel 1952) erano a Sarmede e questo significava doversi recare lì, per strade dissestate e nella maggior parte dei casi a piedi, per ottenere semplici certificati o ricette mediche.

Tale rivalità, sempre latente, e sicuramente presente all'indomani del 13 dicembre 1966, fu un aspetto da non sottovalutare tra le componenti di insofferenza e instabilità che portarono alla nascita della protesta.

Il conflitto: gennaio 1967- novembre 1969

Il 13 dicembre 1966 morì monsignor Giuseppe Faè e il 16 dello stesso mese si tennero i funerali alla presenza di tutto il popolo montanerese e del vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani.

Nei giorni seguenti maturò, definitivamente, tra la popolazione dell'abitato, l'idea che don Antonio Botteon, il cappellano che si occupava da tre anni del vecchio monsignore, potesse essere il parroco perfetto per il paese. Contemporaneamente la curia di Vittorio Veneto nominava già il nuovo parroco per Montaner, don Giovanni Gava, già arciprete di Sant'Anastasio di Cessalto, il cui insediamento sarebbe avvenuto il 22 gennaio del 1967.

Sicuramente don Antonio rappresentò una valida alternativa per i montaneresi: era noto il suo impegno rivolto ai giovani (per loro aveva creato un cineforum e un campetto da calcio) e alla comunità fatta anche di emigranti (organizzò un viaggio in Germania per permettere ad alcune famiglie di far visita ai propri cari).

Si era ben inserito nel contesto del paese: andava a caccia con i più anziani, responsabilizzava chiunque volesse partecipare alle attività parrocchiali, si era preso cura del vecchio, malato e tanto amato parroco.

Si possono rintracciare, dunque, tre sostanziali motivazioni, che giustificarono la volontà di avere come parroco don Antonio: per una presunta promessa fatta dal vescovo di Vittorio Veneto'; perché egli era il degno successore spirituale di monsignor Faè e ne aveva raccolto l'eredità; perché lo stesso monsignore lo aveva designato suo successore, a voce e in un testamento andato perduto.

Tuttavia, le considerazioni fatte esulavano dal diritto canonico, la cui posizione veniva ovviamente difesa dalla curia di Vittorio Veneto. La nomina dei parroci è, di regola, competenza del vescovo come disposto dal canone 523 del regolamento ecclesiastico.

A Montaner si costituì un comitato e si organizzò una prima visita al vescovo in cui si propose di far rimanere don Antonio o come parroco o come cappellano.

La risposta fu negativa: non solo, per legge, non era contemplata l'elezione del proprio parroco da parte di una comunità, ma don Antonio era troppo giovane per amministrare una parrocchia e non si riteneva necessario un cappellano per un paese simile, probabilmente perché troppo piccolo.

Nascita ed evoluzione della comunità ortodossa.

La parte della popolazione che non accettò la soluzione individuata dal vescovo dell’epoca Mons. Albino Luciani, con l’invio del nuovo parroco don Lorenzo De Conto, nella sera del 26 dicembre 1968, davanti il piazzale della chiesa cattolica, partecipò alla prima messa di rito ortodosso.

La comunità ortodossa proveniva da Montalto Dora, vicino a Torino, ed era di rito russo. Il contatto avvenne tramite una donna montanerese che per motivi di lavoro si era trovata da quelle parti. Il pastore mandato si chiamava padre Claudio, al secolo Bruno Vettorazzo, nativo di San Zenone degli Ezzelini (in provincia di Treviso), che si stabilì definitivamente a Montaner tra il giugno e il luglio del 1969.

Le prime funzioni vennero celebrate in un garage e poi in una casa privata.

Qualcuno, in seguito, fornì il terreno per la costruzione della chiesa che venne edificata in un paio di mesi una cinquantina di metri sotto quella cattolica, e consacrata il 7 settembre del 1969 alla presenza dell'arcivescovo di Seurog, Antonio Bloom, esarca in Europa occidentale per il patriarcato di Mosca.

La comunità ortodossa è ancora presente nel paese. Attualmente esiste un monastero di suore. Il 5 marzo 2008 sua Santità Bartolomeo I di Costantinopoli ha fatto visita al monastero ricevuto da prefetto, sindaco, autorità militari, civili e religiose, compreso il vescovo cattolico della diocesi di Vittorio Veneto, appena insediato, Corrado Pizziolo.

Il popolo di Montaner comunque, dopo gli anni bui della fine degli anni sessanta, si era già riavvicinato. Un ruolo simbolico importante in tal senso è avvenuto nel 2005, quando una delegazione della comunità ortodossa, con le suore era stata invitata alla cerimonia di inaugurazione dell’opera scultorea realizzata in memoria di Mons. Giuseppe Faè e della sorella Giovanna, presieduto dal vescovo Giuseppe Zenti e che aveva visto la partecipazione numerosi prelati e sindaci della zona.

 

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